Un po’ mi scoccia sia stato lui. Speravo infatti fosse un Perrotta o un Hornby e invece no, solo per casualità e conformazione del libro stesso, questo è il primo in lingua che finisco ufficialmente, ma non il primo che leggo. Questo perché perdo la pazienza lasciando spazio a libri in italiano perché mi ritrovo a incaponirmi, in questo caso due volte di più perché si tratta di un’autrice irlandese, per cercare di capire non solo quello che succede ma sopratutto le sfumature. Altrimenti tanto valeva leggerselo tradotto. Negli anni ho letto short stories, racconti sulle riviste, ma le autrici con cui ho raggiunto i migliori risultati sono la O’Brien e la Rooney, entrambe irlandesi.
La storia di Sukie e Nathan
Ma questo racconto racchiuso in un librettino da 33 pagine e un prezzo piccino picciò, mi ha stregata. Ero lì a fare il tifo per Sukie e Nathan, sperando che i silenzi si riempissero e che le situazioni avessero una nuova spiegazione. Lei trasferitasi in America, a Chicago, per studiare dopo la morte della madre è tornata in Irlanda nel periodo natalizio per il padre che si è ammalato. Lui, Mr Salary, ovvero Nathan, l’aspettava, l’accompagna in ogni dove mantenendo il sospeso fra di loro. Non è una questione di età, è il sospeso che li fa andare avanti ed è lo stesso sospeso che li separa e tiene in vita questa sorta di attrazione speciale e silenziosa. È quell’attimo prima di allungare una mano per toccarsi, una questione proprio di secondi.
A volte non serve sapere di più
Come avvenuto per “Persone normali” non è interessante vedere quello che succederà o sapere tutto quello che è già successo. Non è il mestiere del racconto e, la Rooney in questa forma narrativa, ci si trova benissimo riuscendo a fissare un punto focale attorno al quale far svolgere tutte le azioni per metterlo in risalto. I personaggi si presentano al lettore, attraverso le loro imperfezioni e i tentennamenti nonché i non detti, in fitti dialoghi che tentano di erodere questo muro di silenzi. Ed è davvero bello leggere una storia così pulita e limpida. Non ci sono artifici letterari ma bisogna pensare a questo racconto come un quadro dove, per qualche attimo come per magia, i personaggi si muovono. Ma lo fanno solo per trovare il loro posto nella composizione in modo da rimanere così per sempre, perfetti, nell’architettura della rappresentazione ma soli.

Nonostante questa non presentazione è perfettamente chiaro dopo qualche pagina chi siano e quali siano i loro rapporti e in quali momenti le parole muoiano loro in bocca prima di essere pronunciate. Una sorta di difficoltà relazionale che passa attraverso l’impossibilità di tradurre in linguaggio le emozioni o i desideri. E questo sospeso si fa presente in vuoti e silenzi sparsi in tutto il racconto senza che questi rallentino il ritmo della vicenda. La voce dell’autrice, che si svolge attraverso la storia è altrettanto pulita e niente affatto affettata. Come avvenuto per il romanzo di cui abbiamo già parlato è spettatrice anche lei della sua rappresentazione e, parimenti ai suoi lettori, è impegnata a capire come andrà a finire tutta la vicenda ma, alla fine, si ferma prima perché il clou della storia è stato già raggiunto e, proseguire, non avrebbe altri effetti.
Faber&Faber e le stories
E, grazie alla Rooney e al suo racconto, ho scoperto anche questa deliziosa collana della Faber&Faber che si chiama “Faber Stories” che pubblica storie molto particolari di autori emergenti o di fama. Sono tutti racconti, alcuni un po’ più lunghi e altri più corti. Però, stando alle recensioni e a quello che ho visto perché ne ho comprati altri due, sono tutti quadri unici e irripetibili, come piccole perle che vengono date ai lettori, a prezzi – permettetemelo di dirvelo- irrisori, quasi a renderti più caro chi l’ha scritto. È davvero una bella collana e se leggete in inglese io uno sguardo lo darei. C’è anche un racconto della O’Brien, l’altra autrice irlandese.
Tirando le somme
Storia che consiglio? Sicuramente sì e, sicuramente, la consiglio più in inglese che tradotta* perché vale la fatica e perché personalmente trovo che le traduzioni degli autori irlandesi in italiano siano raramente incisive nel rispetto della voce originale dell’autore, anzi in un solo caso mi è capitato di trovarne una adeguata ed era di Fazi Editore. Non sono una traduttrice e per giunta avendo studiato francese a scuola sono un’autodidatta anche in inglese, ma proprio grazie alla O’Brien ho vissuto questa sorta di stupore nello scoprire un’autrice completamente diversa, più forte e schietta di come l’avevo apprezzata in italiano e questa cosa mia ha dato parecchio da pensare. Non credo che tutto vada letto in lingua, ma qualcosa sì, e questo è uno dei casi sì.
Buone letture,
Simona Scravaglieri
*Questo racconto, a quanto mi risulti, non è ancora tradotto.
Mr. Salary
Sally Rooney
Faber&Faber, ed. 2019
Collana “Faber Stories”
Prezzo 4,46€