Vuoti a perdere? Perché parlarne ora
Scrivere di questo libro è piacevole e spiacevole allo stesso tempo. È piacevole perché mi ci voleva un libro come questo, comprato per una curiosità personale, per tornare a scrivere in questi lidi. È uno di quelli che, come finisci, ti fanno venire voglia di dire la tua e infatti eccoci qui. E, scriverne, è una di quelle cose complicate che ogni tanto ti imponi di fare solo perché quando hai aperto uno spazio come questo, con l’intenzione di scrivere di quello che leggi, in fondo non puoi imbrogliare. Lo hai letto. Nessuno saprà che lo hai fatto ma tu sì e alla fine ne parli più per te stessa che per gli altri.
Qui il problema non è il modo in cui è stato scritto ma è l’autore che non mi mi piace per nulla. Non lo conosco se non per le dichiarazioni che fa e che mi fastidiano non poco. Ma poi io sono una fatta un po’ male e non riesco a disinteressami totalmente di una persona solo per questo.
Talmente bravo a farsi odiare che l’eco delle sue battute è arrivato anche a me, che preferisco leggere più che ascoltare le diatribe fra scrittori
Dopotutto di lui ne so veramente poco e i pochi articoli che ho letto di quelli scritti per Il giornale non mi sembravano una condizione sufficiente per potermi definire soddisfatta. In fondo parliamo di uno che si dichiara come “l’erede di Proust” e che ha un ego smisurato, che compensa anche quello che non ho io. Uno che con il suo fare presuntuoso, riesce a dare i nervi a una come me, che conduce una vita talmente ritirata dal mondo -fatto di mode, gossip, tag, scandali e altro- che tecnicamente non le avrebbe dovute nemmeno vedere passare queste cose e invece…
Un libro che altrimenti non avrei letto, una storia che non è come la si racconta.
E tra saggi e romanzi, la trilogia di cui va tanto orgoglioso, ho scelto di leggere questo libro innanzitutto perché breve e poi perché se riesci ad essere credibile e bravo in una storia breve allora probabilmente vale la pena leggerti anche in qualcosa di più lungo. Cercando informazioni qui e lì sembra una storia un po’ commerciale: ti metto Vasco, una trama che acchiappa con un incontro e un rapimento e il gioco è fatto. Diciamo che non è proprio così che stanno le cose: in sostanza è una storia inventata che si incrocia con la vita dell’autore stesso che, per chi avesse ancora dei dubbi, è un estimatore di Vasco.
I vuoti di Herling e nella stessa città in cui ambientò un bellissimo racconto

Metti un luogo e in questo caso Roma. Siamo in Agosto, quando tutti si preparano per le sudate e desiderate vacanze. Inserisci dentro un caldo afoso e umido, come solo a Roma succede d’estate, nelle strade che si insinuano fra palazzi d’epoca. Quel caldo che sfianca anche i più irriducibili.
Aggiungici quella sensazione nera di Gustav Herling del racconto “Ferragosto. Racconto romano” (Don Ildebrando e altri racconti) quando descriveva quanto Agosto con il silenzio e l’abbandono, in cui si ritrova chi rimane, spingesse anche il più sano di mente verso il vuoto del suicidio. Inserisci uno scrittore che non scrive più. Uno che non è più un amante e nemmeno un marito, almeno nell’accezione più comune, ma che è un padre che non voleva essere tale ma si è innamorato della figlia nell’istante in cui è nata. Ora e solo adesso avrai il panorama completo. Anzi no, manca l’elemento che scatena la vicenda: la coppia in bilico fra lo scoppiare e il rimanere tale.
Storia di vuoti e di non esistenze in una distopia che viene dal nulla per tornare al nulla
E Vasco? Ecco Vasco c’è e non c’è, perché in questo sogno onirico di Parente, il Vasco, è solo un tramite. A volte reale e a volte falso diventa un mezzo o un legame che renda raccontabile un vuoto che si compone di innumerevoli piccoli vuoti. Lo scrittore protagonista di questa storia sta proprio lì, in bilico, tra il cadere nel vuoto e cessare la sua esistenza o il rimanere sul ciglio. Sa che, se rimane, continuerà a guardare un futuro ineluttabile. È trattenuto da labili fili che sono gli affetti, la musica e un altro vuoto, ovvero l’incognita del momento in cui si avvererà il destino comune a tutti: tornare ad essere una non-esistenza.
Quest’ultimo è un concetto reale, inoppugnabile, eppure anche strano da capire o forse solo accettare: noi siamo e non siamo. Nasciamo e moriamo nello stesso momento perché quello che siamo oggi non eravamo ieri. Quindi esistiamo per come siamo nel lasso di minuti, ore, giorni o anche per stagioni o per fasi (infanzia, pubertà…). Ma continuiamo a cambiare lasciando morire la vecchia versione di noi stessi per diventare un’altra. C’è un unico momento in cui questo ciclo si chiude o si apre solamente, interrompendo questo circolo vizioso, ovvero alla nascita o alla morte. Si nasce venendo dalla non esistenza e si muore tornando alla non esistenza.
Non-esistenza: la causa del dolore di chi guarda in faccia una realtà
Quindi in sostanza viviamo fra due non-esistenze e al contempo l’essenza della vita stessa è un alternarsi di esistenza e non-esistenza. Chi vive ignorando questo concetto, a detta del nostro protagonista, vive una vita ignara e forse anche più leggera: magari frequenta gente, esce e vive una vita normale. Attenzione è normale solo perché la maggioranza la reputa tale, qui dentro, infatti, nessun concetto universalmente accettato è tale anche per la visione dello scrittore.
Chi invece ha ben presente l’esistenza dei due vuoti, quello grande senza ritorno e quello frammentato, invece vive il continuo rifiuto di questo naturale processo, del mondo, delle persone e della vita stessa anche quando questa, nelle fattezze di sua figlia, si palesa e lo riporta per un lasso temporale ampio ma pur sempre limitato, in un mondo fantastico come solo quello dei bambini può essere.
Una scrittura con un ritmo altalenante nell’esplorazione del complesso sistema di vuoti
Quindi il tramite “Vasco” permette di esplorare e di spiegare questo complesso sistema di vuoti che circonda il protagonista e che influiscono sul ritmo della narrazione come se questa risentisse dell’umore del personaggio narrato e di conseguenza anche di quello dello scrittore. Nonostante sia una storia sostanzialmente breve, mi sembra un centinaio di pagine (l’ho letto in ebook), scorre abbastanza bene fermandosi qui e lì per soffermarsi su concetti e aspetti che arricchiscano il complesso sistema di forze e di situazioni che si svolgono sotto gli occhi del lettore.
Sono fermi dosati e gestiti egregiamente perché non risultano stantie descrizioni “allunga brodo” ma attraverso una struttura fatta di ricordi, rimandi, citazioni, intenzioni, remore, gin (tanto gin) e pensieri, ha un ritmo totalmente diverso che suona un po’, guardando nel complesso della storia nel suo insieme, come un ritornello che si ripete qui e lì a interrompere la narrazione senza far dimenticare al lettore il racconto che sta leggendo.
Scrivere spesso ti aiuta a capire che leggi
Ecco, come dicevo anni fa per un altro libro controverso, qui chi è blogger come me da un po’ e con una certa etica personale si trova davanti ad un bivio: stroncare l’autore in base alla simpatia o promuovere le storia che sostanzialmente per essere un mix fra narrativa, autobiografia e anche un pizzico di divertissment personale, ha un suo peso specifico e una sua ricercatezza nel significante che ti lasciano, a libro chiuso, non solo il ricordo fisico dei vuoti di cui narra ma anche qualcosa su cui riflettere.
E io la risposta me la sono data proprio mentre scrivevo. Probabilmente scrivere mi aiuta a mettere in fila le idee per capire che posizione prendere. Per cui sì, è un libro che consiglierei di leggere proprio per le suggestioni che riesce a disegnare in maniera così puntuale e che regalerei. Mi verrebbe da dire che il valore delle considerazioni fatte qui dentro, forse, non lo rendono un libro per tutti però questo valore attiene più alla sfera del significante. Ma per chi, invece, lo volesse leggere come semplice intrattenimento c’è comunque una storia di superficie tutto sommato divertente e abbastanza sconclusionata da tenerti incollato fino a vicenda conclusa.
Avrei voluto dirvi che non avrebbe cambiato nulla non leggerlo e, invece, sa scrivere eccome. Gli articoli che scrive per Il giornale non rendono la sua maestria.
Alla prossima!
Buone letture,
Simona Scravaglieri
Parente di Vasco
Massimiliano Parente
La Nave di Teseo, ed. 2018
Prezzo 16,00€