In una società come la nostra, dove basta leggere un titolo di giornale, senza nemmeno verificare il contenuto dell’articolo, per dare in escandescenza scegliere di scrivere libri come Dietro la scena del crimine è un po’ un atto da kamikaze. La tuttologia impera, molti si sentono autorizzati a disquisire di calcio perché guardano le partite, di politica perché guardano i telegiornali e, perché no, di morti perché hanno letto l’ultimo libro dell’autore di grido; e così è un fiorire di affermazioni del tipo “Se fossimo in America, da quel dì che avremmo risolto!” o “Non lo hanno condannato perché ha gli agganci giusti!” e via dicendo.
Poi, però, ti arriva una Cristina Brondoni a mettere “i puntini sulle i” e almeno la questione delle morti violente letterarie o cinematografiche assume un aspetto completamente diverso: la morte, in particolare se violenta, non è mai un affare semplice e, allo stesso modo, non è affatto facile stabilire come possa essere avvenuta. Ma pensate davvero che se uno avesse l’opportunità di stabilire quelli che sono i colpevoli “senza ombra di dubbio” non si impegnerebbe per carcerali?

La grande fortuna, nostra, è che lei non solo è competente fino al midollo, è giornalista, criminologa e profiler, ma anche che sia straordinariamente simpatica e umana. Umana nelle sue passioni, che con il tempo sono anche diventate un lavoro: ma ci tiene ancora a guardarsi tutti i titoli crime che la tv trasmette e a leggere tutti i libri di genere che vengono pubblicati in continuazione. E qualche volta, secondo me, si fa anche grasse risate per errori che noi comuni mortali nemmeno immaginiamo, figuriamoci se riusciamo a notarli! Quindi, andando per gradi e organizzando il percorso come se fossimo di fronte ad un vero delitto, Cristina Brondoni ci porta a spasso nel rutilante mondo delle assurdità che si scrivono, per libri o sceneggiature, smontandone non poche.
Ecco una cosa che rimarcherò, casomai riuscissi ad incontrarla un’altra volta, è che, tra tanti sceneggiati, Elementary pensavo si salvasse e invece no, purtroppo gli sceneggiatori, ci hanno tradito. In generale non se ne salva uno o meglio qualcuno ci riesce ma sono sopratutto libri definiti come “classici” (zia Agatha ce la fa!) ma, sorpresa, fra questi c’è un classico che nessuno s’aspetterebbe perché non è un giallo! Non vi dirò qual è, ma è una morte molto conosciuta ed ha uno svolgimento corretto, un tantinello veloce secondo Cristina, ma non essendo un libro fra i miei preferiti potrei dire che io l’avrei accorciata ancora di più! Diciamo che è uno dei libri che al liceo credo di aver odiato di più dopo i Promessi sposi.
Il punto non sta nell’accantonare aneddoti divertenti sugli strafalcioni, perché sono sempre quelli che ci rendono più caro quel che ci piace, ma avere una visione d’insieme per essere consapevoli di ciò che guardiamo o leggiamo. Uno degli aspetti su cui la Brondoni si sofferma parecchio è il confronto fra lo svolgimento delle indagini e la relativa costruzione del caso all’italiana e alla americana con tanti esempi e altrettanti riferimenti. L’autrice spiega infatti all’inizio la differenza anche dei ruoli coinvolti, un’indagine non ha solo il commissario o l’investigatore che indagano ma c’è tutta un’articolata filiera di competenze, poi amplia la gamma dei confronti fra casi similari per spiegare alcune tipologie di delitti particolari e, quando hai il quadro completo, ti rendi conto che il confronto è necessario perché a volte aiuta anche a capire determinate scelte stilistiche degli autori. Scrivere di delitti non è facile in generale ma, fino ad oggi, se mi si fosse stato chiesto avrei detto che il punto cruciale sta nella costruzione della trama e nella distribuzione degli indizi e invece non si riduce solo a questo. In più alcuni libri, ed è una cosa che ho scritto anche io, sembrano fare il verso ai più famosi corrispettivi americani ma non sempre siamo in grado di spiegare il perché mentre la considerazione, seppur giusta, ha invece bisogno di basi solide per essere condivisibile. Cristina boccia ma salva anche e, ad un certo punto, tutto diventa più semplice, almeno sulla carta e con una visione diciamo generalista (se non sei del campo dovresti approfondire!), e sei in grado di vedere la differenza non solo sul modo di lavorare ma anche nella ricerca e definizione del profilo dei colpevoli.

In generale questo lavoro qualche anno fa lo avrei affrontato come un modo per raccogliere aneddoti divertenti sugli errori ma negli ultimi anni non di rado mi capita di vedere richieste di informazioni da parte di scrittori che solitamente scrivono gialli o thriller che cercano specifiche professionalità per dirimere questioni relative a particolari snodi delle loro storie. All’inizio attribuivo questo modo di lavorare ad una eccessiva pignoleria ma, leggendo Cristina, capisco che il rapporto tra finzione e realtà, spesso crea false illusioni. La gente pensa che basti un’impronta o una traccia di DNA per trovare un colpevole. Ecco non solo non basta e non è così semplice ma è anche un po’ frustrante cercarlo questo colpevole; tutta la filiera coinvolta in un’indagine si trova di fronte una miriade di ostacoli che sono connaturati alla natura stessa dello studio delle prove e delle testimonianze. E alla fine cominci a capire perché le indagini durano una vita magari solo per arrivare almeno al primo grado di giudizio. Insomma potremmo definirlo come un saggio che ti rende, scusate il gioco di parole, più saggio!

È scritto in maniera divertente, perché Cristina è una persona molto divertente, con una scrittura scorrevole e piacevole. Si vede la sua passione e si percepisce l’attenzione che ci mette nell’osservare le scene che la finzione ci ripropone. Anzi è talmente precisa nelle spiegazioni da sembrare a volte eccessiva ma, quando alla fine tiri le somme, l’eccesso ha un senso. Conosce un sacco di casi che io non ho mai, nemmeno lontanamente, sentito nominare e ha un preoccupante interesse per i serial killer: diciamocelo, magari meglio non stare da soli con lei in luoghi isolati, è una cara persona ma non sopravviverei all’ansia se si dovesse arrabbiare! Seriamente: è un ottimo bignami per lettori e per scrittori: ti da l’infarinatura generale che ti permette di capire le informazioni principali, ti fornisce una base e dei titoli per approfondire l’argomento e ti suggerisce anche gli errori più famosi in modo da non commetterli mentre scrivi.

Io Cristina l’ho conosciuta qualche anno fa a Roma, il suo libro spiccava, anzi lo fa ancora, fra i titoli del catalogo per quel suo giallo canarino e per il disegno in copertina che la raffigura perfettamente: ha le fattezze di un folletto anche se è molto alta (particolari che noi bassi notiamo subito!). È spigliata e simpatica; mi ero pentita di non aver acquistato “Dietro la scena del crimine” in quella occasione perché ero davvero curiosa di capire come una profiler vera avrebbe affrontato l’argomento con me che, pur avendo letto tutti i libri di zia Agatha (Christie) più e più volte, non solo non ricordo l’assassino ma non capisco mai gli indizi. Credo che la prima volta che ho capito come volgeva la storia al primo quarto della trama sia stato qualche mese fa con Patterson e di gialli, nel frattempo ne ho letti davvero una marea. Ho comprato l’ebook, ma non mancherò di comprare anche il cartaceo per esporlo orgogliosamente nella mia libreria dei libri letti.
Buone letture,
Simona Scravaglieri
Dietro la scena del crimine
Morti ammazzati per fiction e per davvero
Cristina Brondoni
Las Vegas Edizioni, ed.
Collana “I Jolly”
Prezzo 10,00€