Parlare dei libri di Giulio Perrone è sempre un po’ complicato, perché è difficile far capire che spesso la trama di superficie non è la sola che conta. Le sue storie sono belle, sono articolate e mai uguali, hanno come sfondo una Roma vera, fatta di quartieri che, nonostante cambino i tempi, mantengono una rete di relazioni e di rapporti immutata. In fondo i social non sono anche la trasposizione delle nostre vecchie piazze o dei muretti dove ci ritrovavamo da ragazzini? Quindi spiegare che, forse, il nesso fra i tra libri che ha scritto, è dato dallo sguardo e non dal fatto che i protagonisti siano tutti uomini, come può essere semplice? Lo spunto me lo ha dato l’autore quando, settimana scorsa, sono riuscita ad andare ad una delle sue presentazioni e si riassume nel riferimento ad uno scrittore che gli calza davvero a pennello.
In una Roma che tutti conosciamo e in un quartiere dabbene, c’è una coppia in crisi: lui e lei stanno insieme oramai da parecchio. Lei figlia di un notaio cercava un uomo senza fronzoli da opporre ai desideri del padre notaio, lui invece, cercava una vita semplice e senza problemi. Si sono incontrati e dal loro matrimonio, mal visto dai genitori di entrambe le parti, è nato Piero. Ma le cose, all’apertura delle vicende qui narrate, non vanno bene e i nostri due sposi sono consumati da un’abitudine che si sono cercati da soli. Lui viene messo fuori casa e lei riversa su di lui le sue colpe. Lui torna a vivere nel suo vecchio quartiere.
Questa è la storia di un padre distratto, anche decisamente sfigato, e della sua lotta fra ciò che è semplice da raggiungere e che si contrappone alla semplicità di una vita meno sfavillante. Riuscirà il nostro eroe a capire che verso dare alla propria vita e a conquistare l’amore di quel figlio trascurato? Chiaramente sapete che non ve lo dirò, vero?

Dicevamo uno scrittore, in questo caso inglese e che è anche abbastanza conosciuto per le sue storie dal buon sapore ma che, allo stato dei fatti in Italia è poco compreso. la particolarità di Nick Hornby sta nel fatto che in Italia le sue storie, all’apparenza semplici e quasi definibili come “deliziose” non sono scritte per raccontare una favola. Sono veri e propri sguardi alla società contemporanea, a volte decisamente taglienti, in cui la realtà inglese, per molti versi simile a quella contemporanea viene sviscerata facendo risalire la solitudine latente di cui spesso ci circondiamo. A ben guardare all’opera perroniana, il mood è identico: traccia una sorta di parabola negli anni descrivendo uomini di età diverse che si scontrano con l’idea di una vita che si sono costruiti attorno per avere una certezza ma che, come avviene per tutti, nel momento in cui vengono rappresentati cadi in pezzi lasciandoli davanti un bivio. Da un lato c’è il cercare di ricostruire secondo il vecchio metodo dall’altro smettere di rifiutare il flusso naturale delle cose e aderire ad una vita più mortale e semplice ma sicuramente più felice.
Così succede anche qui Tommaso pensava di aver trovato l’America con una vita borghese, che nicchiava allo stereotipo della tranquillità, e aveva organizzato il suo hobby in segreto. Da questo mondo borghese, cui non ha fatto nulla per appartenere, un giorno viene rifiutato. Può scegliere se redimersi e ricostruire oppure cercare altro e, a far da sfondo a questa crisi non c’è solo una storia con i tempi ritmati che scorre, ma una società che è in continuo cambiamento per poter stare al passo con i tempi. Il plot visto così perde la sua aura di favola e diventa altro: non solo smette di raccontare di un singolo ma in maniera del tutto inaspettata rappresenta la società non solo nel senso verticale di classe ma anche orizzontale di età. EÈ il confronto generazionale che la alimenta che aggiunge informazioni nuove e crea nuove situazioni in cui Tommaso si debba confrontare e in cui anche noi ci rivediamo.
Cosa ci rende eroi per i nostri figli? Qual è il punto in cui noi e i nostri figli troviamo un contatto? Qual è il lascito che diamo alle generazioni future? Quando ero ragazzina il lascito di un uomo importante veniva dalla sua opera, di solito scritta, oggi ironicamente scrivono tutti, scrivono cose spesso illeggibili e raccontano di cose inutili. In questo ambito che peraltro conosce bene anche come editore, Perrone ha un’idea precisa, un po’ come Tommaso: non tutti i libri sono fatti per essere pubblicati e non tutti gli influencer, per il solo fatto di avere un seguito, hanno qualcosa da dire. Ed è qui che la rappresentazione diventa più tagliente: apparteniamo ad un mondo, che abbiamo in parte disegnato con le nostre mani, in cui apparire di farsi conoscere ma dove apparire è sinonimo di apprezzamento e emulazione anche se non si ha la conoscenza per avallare quel che diciamo. Anzi, ironicamente più diciamo castronerie e più ci viene dedicata attenzione.
Perché leggere questo libro allora? Beh intanto per guardarsi intorno, come ho sempre detto non si legge solo per il puro piacere di farlo, ma per imparare a guardare alle cose con un punto di vista diverso dal nostro. Poi perché Perrone è così bravo a scrivere che riuscirebbe a rendere bella pure la lista della spesa; infatti io che continuo a fare a cazzotti con la mia riduzione della vista, non per bellezza ma proprio perché non riesco a stare con gli occhiali, riesco a leggerlo con tale soddisfazione che mi spiace quando finisco che non ce ne sia uno subito dopo da leggere. E poi perché ho questa assurda convinzione che la bellezza delle storie e delle descrizioni di Giulio Perrone siano in grado di ammaliare non solo me ma anche i lettori occasionali e che riesca a creare quella magia di volere leggere altro. Ecco questa è una cosa che in lui apprezzo, la facilità di accesso. Se uno rifiuta il significante ha comunque un romanzo a tratti divertente e in altri punti emozionante.
Buone letture,
Simona Scravaglieri
L’amore finché resta
Giulio Perrone
HarperCollins, ed.2019
Prezzo 16,00€