Possiamo dire che, il libro di oggi, dopo un inizio tranquillo, di quelli che lasciano presagire lunghissime questioni aperte, ti prende talmente tanto che è davvero difficile metterlo giù. Il ritmo, le situazioni che si susseguono, le nuove scoperte, che si sommano ai ricordi di una storia pregressa che è in continuo crescendo, vengono continuamente interrotti da momenti di vita normale rendendo l’insieme decisamente verosimigliante. Joe Clifford ha creato la situazione perfetta e questo è il primo libro di una trilogia, dedicata a Joe Porter, che speriamo venga tradotta presto al completo. Nonostante faccia parte di una serie, Lamentation, è auto concludente anche se lascia uno spiraglio che ci suggerisce che il protagonista ha ancora qualche “sospeso”.
È un lavoro che viaggia fra due generi. Un romanzo per come l’autore decide di affrontare i rapporti tra due fratelli, come i protagonisti, e al di fuori dei rapporti familiari; è una storia di rapporti difficili che è anche un percorso di liberazione da una prigione di abitudini e negazioni nella quale solitamente ci chiudiamo per non affrontare la realtà.
È anche un thriller stringente, che con un ritmo costante e la continua proposizione di indizi o svolte inattese riesce a mantenere sempre vivo l’interesse e il coinvolgimento del lettore.
Infine Clifford è il primo, dopo Holly Goddard Jones in “La prossima volta” (Fazi Editore), per il quale si può dire che riesce a portare su carta in maniera chiara e tangibile il mondo della provincia americana e come questa viene vissuta e spesso subita da chi ci vive. Solitamente infatti, le descrizioni si fermano al quadro generale e invece qui, per la seconda volta siamo partecipi non solo delle azioni ma anche di quel mondo che si svolge spesso dietro le porte e le tendine di abitazioni ordinate in condomini o villette tutte uguali e per questo tutte anonime. Entrare nella vita di Joe non sarà una passeggiata di salute ma non ve ne pentirete.

Joe si presenta proprio all’inizio della storia: fa lo svuota-case per Tom, un rigattiere del posto, e non ha un impiego regolare. Con i soldi che raggranella può permettersi solo un fetido appartamento sopra un’autofficina e deve mantenere il figlio che vive con la sua ex. Jenny è quella giusta e lui ha perso un’occasione. Ha un fratello, Chris, che non vede da sei mesi e, proprio all’inizio di questa vicenda, è di lui che gli deve parlare Tom, che è andato inaspettatamente a trovare il suo lavorante nella casa che gli ha assegnato da svuotare. Dalla centrale di polizia, di questo sperduto mondo alle pendici di una catena montuosa – che è chiamata “Monte Lamentation”- cresciuto ai bordi della superstrada che porta in Canada, lo stanno cercando perché Chris è stato arrestato. Joe e Chris sono orfani da quando il primo aveva otto anni e il secondo si era preso l’incarico, seppur appena maggiorenne, di crescere il fratellino. Poi Chris aveva cominciato a bere e, dopo qualche tempo, era arrivata la droga. Ma stavolta in centrale le cose sono un po’ più gravi del solito, quel fratello con cui non va d’accordo da anni perché non si vuole disintossicare, è indagato per aver minacciato davanti a testimoni il suo socio di morte. Socio che è sparito nel nulla.
Ci sono tre cose da notare, anche se è davvero difficile non farsi trascinare da milioni di particolari interessanti, e, prima tra tutte, la facilità con cui Joe Clifford descrive il fragile equilibrio che regola la vita nella provincia americana.
In queste pagine lo avevamo già visto con la Goddard Jones e forse anche con Tom Perrotta (L’insegnante di astinenza sessuale, Edizioni E/O), ma quest’ultimo ha un obiettivo diverso.
Quello che unisce, seppur lontani migliaia di km, la Strada del Tabacco e il Monte Lamentation è quella stasi che si crea per la pacifica convivenza che fa sì che tutto il mondo viva realmente di nascosto. È un mondo all’apparenza tranquillo, ma popolato dai fantasmi dell’isolamento e dalla sensazione di essere bloccati, fermi e di vedere il mondo attorno avere la propria vita e sentire non potervi prendere parte. Genera un sottile ma persistente senso di claustrofobia, che avvolge cose e persone, e che rimane appiccicato sempre con lo stesso peso. Se il peso fosse diverso, infatti, tutto il fragile castello su cui si poggia l’aura di normalità cadrebbe inesorabilmente.
È questo il mondo perfetto in cui mettere in scena una simile vicenda, aggiungendo anche che i fatti di cui si narra si svolgono in pieno inverno, sotto quintali di neve e nel bel mezzo di una tempesta. Senza una via di uscita quindi il lato thrilleristico della vicenda assume, ancor di più, tinte fosche.
In questo contesto senza vie di fuga ci sono altri fattori di stress che in parte sono riconducibili alla vita privata di Joe Porter: il continuo contrasto con l’ex compagna, il senso di colpa verso il figlio di cui non riesce ad essere un padre accettabile, il nuovo compagno di lei che sembra essere un poco di buono e l’assoluta solitudine che avvolge tutta la restante parte della sua vita.

Tutta questa intricata matassa di relazioni, assenze, incomprensioni, sensi di colpa, misteri, mancate conversazioni, sembra appartengano ad un libro molto più massiccio rispetto a quel che sono le effettive 309 pagine e questo avviene grazie una prosa stringente e mirata, che non si crogiola in descrizioni inutili o si dilunga in riflessioni astruse e sopratutto ad una architettura su cui viene costruita la vicenda studiata al millimetro. Tutto viene narrato come si svolgesse realmente davanti agli occhi del lettore e nessun particolare o indizio viene nascosto; grazie all’alternarsi dei contesti (i momenti di ricerca, i confronti con l’amico, le rilevazioni o i confronti con l’ex) non solo Clifford riesce a mantenere sempre alto il livello dell’indagine e tutto ciò che ne consegue, colpi di scena e rivelazioni dell’ultimo minuto, ma anche il ritmo sempre costante e discorsivo della scrittura che quindi scorre in maniera piacevole senza mai sembrare contorta o confusa. Non ha bisogno di arricchimenti, perché la storia ha tutto quel che serve per appassionare il lettore!
E veniamo al terzo particolare di pregio: il romanzo. Nella presentazione che ha fatto a Più libri più libri da cui era scaturita anche una mini intervista per questo spazio, Clifford diceva di aver scritto con particolare interesse il rapporto fra i due fratelli. Ecco, non si è fermato lì; Joe e Chris sono l’anima di questa storia perché il momento che li ha uniti, la morte dei genitori, è anche quello che li ha divisi. C’è una miriade di sospesi, che fanno capolino nei loro confronti e che svelano una dedizione l’uno a l’altro a volte più di sangue che giustificata e mossa molto spesso da gratitudine dell’uno verso l’altro: entrambi si sentono in colpa, si contrastano eppure, davanti al mondo, sono sempre pronti a difendersi l’un con l’altro. Stessa attenzione ai particolari è dedicata ad ogni ogni personaggio che interviene a vario titolo nella storia. Nessuno verrà descritto in un unico momento ma, alla fine del libro, la percezione di conoscere tutti sarà data dalla descrizione che viene dei loro legami. E’ lo stesso mezzo che mette in luce tutti i limiti delle comunità di provincia e che per collocazione geografica e per natura dei rapporti sociali si configurano come mondi indipendenti e autosufficienti. Joe e Chris, Joe e Jenny o Charlie e via dicendo raccontano un mondo non solo fisico isolato ma anche un mondo emozionale diverso. E’ fatto di intricati rapporti che sono parzialmente sotto gli occhi di tutti e che in buona parte si svolgono invece in privato lasciando quindi all’immaginazione e al pettegolezzo della comunità l’onere di riempire gli spazi vuoti. Riempimenti che molto spesso danno, delle persone o delle vicende, una percezione totalmente falsata e ripetuti, accennati, suggeriti a volte diventano convincenti anche per i diretti interessati!
In questo contesto spicca il rapporto fra i due fratelli, fatto di rifiuti e ricerca di affetto in tempi sempre sbagliati fra chi è il vulnerabile del momento e chi invece ricopre il ruolo del forte della situazione, che poi è la storia di quei rapporti perennemente contrastati fra persone che darebbero la vita l’una per l’altra.
Chris è l’impenitente drogato che è sempre in cerca di soldi per farsi, Joe è il bravo ragazzo che però non riesce a trovare una sistemazione definitiva e vive di espedienti. Il grande ricorda, o pensa di farlo, tempi di vita familiare che Joe era troppo piccolo per tenere a memoria e li tira fuori ad arte per placare le ire del fratello minore, mentre Joe è combattuto fra il senso di colpa di non riuscire a farlo uscire dal girone infernale della droga e l’odio verso colui che reputa la ragione del suo fallimento come compagno e padre. Il percorso della vicenda è l’occasione non solo per guardarsi dentro ma anche per dare il giusto peso alle cose, analizzando come stanno veramente. Una sorta di evoluzione o percorso di formazione – chiamatelo come vi pare! – attraverso il quale abbattere i muri costruiti da tempo per rinchiudersi in un mare di abitudini e visioni sbagliate. E la trasformazione avviene pian piano, tanto che sulle prime non è così facile nemmeno capire come andranno a posto tutte le tessere del puzzle.

Ecco Lamentation è un libro da leggere, in parte proprio perché accontenta un’ampia fetta di pubblico non risultando mai pesante e noioso: ha una formula di quelle che ultimamente hanno preso piede anche in Italia, viaggiando fra più generi e prendendone solo alcune caratteristiche. Non trascura la scorrevolezza della scrittura del genere thrilleristico, tutto incentrato sulla costruzione di una trama al cardiopalma, ma non tralasciando la bella scrittura del romanzo di formazione, improntato a sottolineare il modello naturale di crescita che scaturisce dalla gestione di situazioni al limite che ti cambiano la vita permettendoti di guardare a questa da una nuova prospettiva. Un lavoro davvero eccezionale.
Buone letture,
Simona Scravaglieri
Lamentation
Joe Clifford
CasaSirio Editore, ed.2018
Traduzione di Alessandra Brunetti
Collana “I Riottosi”
Prezzo 15,00€