The Human Zoo: Elena Tamborrino e la pagina “Io e Pepe”

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Ci sono pagine e pagine nel web e soprattutto su Facebook; questo social ha sempre avuto l’indiscusso ruolo di “ritrovo” per tutti coloro che sono arrivati sul web e che cercavano contatti, non solo per “riconoscersi e rincontrarsi”, ma per confrontarsi in un luogo che non limiti sul numero di parole, spazio per le immagini e tempo per i video: quello che leggi sulla tua time line è già passato, ma non così velocemente come sembra su altri aggregatori che non filtrano quel che vedi. Il mondo di Facebook è in buona sostanza slow perché permette di prendersi quel tempo, che altrove non avremmo, di guardare, sbirciare e commentare.

È anche un luogo competitivo e difficile: troppe proposte, alcune ridondanti, altre facilone, poche competenti. Gestirne una seriamente significa impegno, dedizione e tempo. Perché quindi seguire Io e Pepe? Elena Tamborrino arriva da una serie di esperienze tutte diverse, ha conosciuto e operato in piattaforme dai linguaggi differenti spiegando, a chi incontrava, i libri che aveva letto e, attraverso le presentazioni dal vivo, portava autori in quello splendido mondo che è la Puglia. Poi un giorno ha deciso che la sua nuova casa sarebbe stata solo la sua pagina FB e a questa, da allora, dedica il suo tempo e le sue attenzioni coltivando i rapporti con chi la segue e apprezza il suo lavoro.
Quella che segue è la chiacchierata che ci siamo fatte qualche giorno fa.

La home della pagina di Elena, un luogo di libri e letture che spaziano cercando tra i generi con curiosità

Partiamo subito con la domanda di rito: chi è Elena Tamborrino?

Nasco in Friuli da genitori pugliesi e vivo buona parte della mia vita tra Lazio e Toscana, a causa del lavoro di mio padre che era militare di carriera, ufficiale paracadutista per essere precisi. Ho vissuto a Firenze fino ai vent’anni circa e poi mi sono trasferita in Salento, dove mi sono sposata e sono nati i miei figli. Quindi vivo in provincia di Lecce da 35 anni più o meno.
Ho studiato all’Università di Lecce, oggi Unisalento, laureandomi in Lettere Moderne con indirizzo Filologico Linguistico e nei primi anni dopo la laurea sono stata impegnata nella ricerca sul campo, mi occupavo di dialettologia italiana e geografia linguistica, che sono le discipline in cui ho conseguito il dottorato di ricerca. Mi considero una linguista, nonostante da oltre venti anni insegni Italiano e Storia nella scuola superiore.

E com’era Elena da ragazzina? Quando hai cominciato a leggere e cosa ti ricordi di aver letto e amato agli inizi?

Ho iniziato a leggere da bambina, dapprima i grandi classici adattati, tipo La piccola Dorrit (Charles Dickens, Einaudi, 2019) e Piccole donne (Louisa May Alcott, Giunti Junior, 2012), ma anche Le avventure di Tom Sawyer (Mark Twain, Feltrinelli, 2016) e La capanna dello zio Tom (Harriet B. Stowe, De Agostini, 2015). Tra i primi libri naturalmente Cuore (Edmondo De Amicis, Rusconi, 2017), un must per i bambini della mia generazione. Il primo libro da grande è stato Lessico famigliare di Natalia Ginzburg (Einaudi, 2014), letto intorno ai 12 anni. Leggevo molto perché specie d’estate, non c’era molto da fare, in vacanza dalla nonna in Puglia era obbligatorio il riposino pomeridiano, ma io non riuscivo a dormire e così leggevo.
Ho avuto pure la fase Harmony, confesso. Prima ancora degli Harmony anzi. I romanzi rosa Mondadori che uscivano in edicola, negli anni Sessanta, che erano di mia zia e ne aveva una collezione immensa, li ho divorati.

Ecco, allora veniamo ad una questione che mette contro, fra loro, un sacco di lettori devoti solo ad un certo tipo di “genere” con quelli cui invece piace spaziare. Che ne pensi di questa corrente di pensiero che vede “veri lettori” solo fra coloro che leggono quella che viene definita “alta letteratura” e che marchia come di “second’ordine” tutti quelli che invece curiosano fra generi oggi considerati minori tipo i romanzi rosa, i libri di Volo, i gialli.

Io mi considero una lettrice onnivora, non ho pregiudizi.
Ho pregiudizi anzi solo per gli scrittori che pagano per farsi pubblicare, sono diffidente per chi scrive senza avere una solida esperienza di lettore (e si capisce subito). Per il resto leggo di tutto, anche se negli ultimi anni sto cercando di recuperare principalmente i libri assolutamente imperdibili, i grandi classici insomma.
Quelli che leggono solo “alta letteratura” e giudicano lettori di serie B chi invece legge un po’ tutto ecco… li considero un po’ snob, mettiamola così. Certo è che si arriva ad un’età in cui non hai voglia di leggere libri brutti, superficiali, scritti male e con storie fragili, quindi un po’ di selezione la fai per forza e, un lettore esperto, riconosce subito il libri evitabili. Ma se poi ci sono quelli che leggono libri per me evitabili… va bene lo stesso, ognuno deve sentirsi libero di leggere quello che vuole senza sentirsi giudicato.

SecondLife: una tipica serata dedicata a parlare di libri

Quando io e te ci siamo conosciute, tu curavi un appuntamento su una piattaforma all’avanguardia che ancora oggi è un po’ un luogo oscuro per molti utenti: SecondLife. In particolare, in un mondo parallelo popolato di avatar, tu ti occupavi di libri. Quali sono i libri che hai presentato che ti sono rimasti nel cuore, se ci sono, e come è stata questa esperienza nel vero mondo virtuale che è stato antesignano e terreno di prova di tante applicazioni di aggregazione che oggi spopolano?

SecondLife: non avendo trovato l’avatar di Elena vi faccio vedere quello che lei aveva sistemato per me!

Proprio oggi ripensavo a quel periodo e onestamente non ricordo libri che in modo particolare mi siano rimasti impressi, forse Zagreb di Arturo Robertazzi (Aìsara, 2011). Ricordo invece altri appuntamenti culturali organizzati su SL dove letteratura, musica e cinema interagivano in una cornice interattiva che dava luogo a eventi particolari, anche divertenti. Erano sicuramente gratificanti per me che li ideavo, con il supporto di Giovanni Dalla Bona.
In realtà già allora mi occupavo di eventi culturali collaborando con l’assessorato alla cultura di Maglie, oggi lo faccio con la Fondazione Capece.

E pensi che le due differenti tipologie, ovvero la presentazione nel mondo virtuale e quella dal vivo, fossero esperienze assimilabili fra loro o forse che l’esercizio del racconto di un libro senza avere di fronte l’autore limitasse la resa della presentazione?

Zagreb, di Arturo Robertazzi, è stato forse uno dei primi libri usciti in ebook in forma arricchita, quando ancora si cercava di stabilire in Italia cos’era un ebook e quale fosse la forma migliore. Chiaramente il mondo editoriale non ha saputo cogliere l’opportunità e, per certi versi, l’ebook arricchito di Arturo è rimasto quasi unico nel suo genere

Sono due esperienze diverse ma con molti elementi di vicinanza. Non sentivo la differenza del non poter vedere di persona il mio interlocutore, gli avatar che ci rappresentavano si comportavano come avremmo fatto noi dal vivo. Il vantaggio di una presentazione virtuale era che, in questo modo, si annullavano le distanze, oltre al fatto che lì dentro indossavo meravigliosi abiti da sera, mentre nello stesso momento ero a casa davanti al mio pc in pigiama!

Dopo questo periodo, hai deciso di reinventarti nel mondo dei blogger. Hai aperto un blog e hai cominciato a raccontarti come lettrice attraverso i singoli libri che leggevi. Uniamo l’utile al dilettevole per gli aspiranti blogger che passano di qui: qual è la difficoltà di raccontare un’esperienza di lettura all’anonimo lettore che passa da un blog? Cosa era più importante per te sottolineare per rendere tangibile l’esperienza ai tuoi lettori?

Onestamente non ho avuto difficoltà. Nel blog parlavo dei libri che leggevo cercando di aiutare quelli che passavano di là a orientarsi nella scelta o a trovare un confronto. Con molta naturalezza, avendo comunque una buona propensione alla scrittura da sempre. Infatti il mio blog non aveva solo la sezione recensioni, ma anche quella in cui pubblicavo i miei “tentativi ed errori” narrativi. Ho anche ospitato qualche scrittore che mi ha fatto omaggio di un proprio racconto inedito. Ci sono stati Piergiorgio Pulixi e Elvio Calderoni, Daniele Bergesio, Rita Lopez, Tiziana Sferruggia, Cetta De Luca e Alessio Viola e anche altri.
Era importante sottolineare il perché un libro era piaciuto a me e poteva piacere ad altri: ho sempre argomentato puntualmente i miei giudizi, senza avere la presunzione di essere infallibile, alla fine si parla anche di gusti. Continuo a farlo, credo che non si possa dire semplicemente mi piace/non mi piace.

Una delle bellissime immagini che Elena mi ha concesso di utilizzare che rappresentano lei e Pepe

Facciamo una digressione prima di arrivare alla pagina fan. Che tipo di lettrice sei? Mi spiego meglio, io e te abbiamo condiviso parecchi posti sulla rete e anche alcuni gruppi di lettura, abbiamo riso di libri scritti in modo illeggibile, abbiamo discusso di libri che ci vedevano su fronti contrapposti, abbiamo condiviso opinioni su libri tutto sommato discutibili. Alla nascita di uno dei forum dove abbiamo condiviso letture, che ora non esiste più, si discuteva se fosse più importante la forma narrativa o la storia. Io mi sono sempre schierata dal lato della storia, tu che ne pensi?

Beh, ricordo libri che avevano una storia interessante ma una forma diciamo ostica. Io credo che contenuto e forma debbano dialogare in modo armonioso, devono farsi amare per un aspetto e per l’altro.
Non mi serve una bella storia scritta male o una storia banale scritta in modo sublime anche se a volte enormi banalità, sotto la penna di grandi scrittori, possono diventare qualcosa di prezioso. Non a caso gli scrittori veri sanno inventare le storie giuste e le sanno pure scrivere. Gli altri sono tutti tentativi che spesso vanno a vuoto, ma che pure hanno un loro pubblico di lettori entusiasti.

E ora arriviamo alla pagina Fan, nata come immagine sociale del blog e ora diventata essa stessa un nuovo esperimento, ovvero quello che vede la diventare un diario di viaggio e di lettura. Come hai vissuto il passaggio? È più facile arrivare al tuo pubblico dedicandoti direttamente attraverso questo mezzo?

La pagina FB era all’inizio un’appendice del blog, infatti ci finivano i link degli articoli che settimanalmente pubblicavo. Poi, quando ho deciso di chiudere Io e Pepe (e libri e altro), o almeno non aggiornarlo più perché è ancora in rete, e ho pensato di concentrarmi sulla pagina facendola diventare qualcosa di meno vincolante e più semplice da gestire. Inoltre ho trovato che la visibilità della pagina è nettamente maggiore di quella che aveva il blog.
Attualmente la pagina ha oltre 500 utenti che si sono iscritti e, ogni post, può singolarmente raggiungere anche 300 persone che possono anche aumentare, dipende poi dalle condivisioni. Il blog aveva pochi lettori fissi, anche se le visite nei singoli post avevano una quantità di visualizzazioni apprezzabile. Insomma, il passaggio è stato indolore e ho vissuto la chiusura del blog quasi come una liberazione. Non mi divertivo più.

Una delle cover iniziali di Io e Pepe , in cui Pepe era il protagonista indiscusso 😀

E gli obiettivi della pagina sono cambiati, hai dovuto magari raffinarli o trovare una strada diversa per raggiungerli? Tipo, invece di avere uno spazio, tutto sommato, modellabile, come è di solito il blog, oggi pubblicando dei post, le recensioni sono diventate più brevi o devono puntare a evidenziare aspetti diversi perché il pubblico finale è diverso?

No, sostanzialmente continuo a fare quello che facevo, con gli stessi obiettivi, ovvero parlare di quello che leggo: ho fatto solo una scelta, non parlo dei libri che non mi sono piaciuti, preferisco astenermi. Per il resto sul piano della grafica, il blog mi consentiva di fare cose che in un post di FB non faccio, tipo una citazione in corsivo, allineata a destra o al centro, a mo’ di introduzione. Poi ho visto che questa idea era stata copiata in un altro blog e ho avuto un motivo in più per dedicarmi alla sola pagina FB, più spartana.
Resta il problema che, se qualcuno vuole copiarti una recensione, lo fa ed io non me ne accorgo, diciamo che i contenuti non sono protetti, ma alla fine dei conti non posso farci nulla.
Il pubblico forse è diverso, ma non ne sono sono poi così convinta, alla fine chi mi leggeva e chi mi legge sono sempre lettori

Ma perché il titolo “ Io e Pepe ” e chi è Pepe?

All’inizio il mio blog aveva un altro nome, naturalmente inventato. Poi, assolutamente per caso, mi sono accorta che esistevano due blog addirittura con lo stesso identica intestazione e mi sono vista costretta a cambiarlo. Ma dove trovare un titolo che non fosse scontato, che nessuno aveva mai pensato di utilizzare? Così ho messo in mezzo Pepe, il mio gatto.

Ma chi è Pepe? Eccolo qui, in uno dei pochi scatti a cui si concede…

[Divagazione da lettrice gattara] Ma anche Pepe come i miei gatti usa addormentarsi sui libri che stai leggendo? Anche tu ingaggi lotte per farti restituire il libro da leggere?

Ora no, è diventato pigro invecchiando, quindi non mi gironzola intorno mentre leggo tanto come una volta, anche fargli una foto è diventato difficile

Il libro che ha avuto più successo, in termini di gradimento, fra i tuoi lettori finora qual è? Ed è anche uno dei tuoi preferiti?

La vita davanti a sé di Romain Gary (Neri Pozza, 2014) tra gli ultimi, il più visto forse e il più condiviso.
Sicuramente uno dei miei preferiti. Ci sono stati poi post, compreso questo, il cui testo è stato pubblicato da una rivista online, Cultura salentina che poi naturalmente ha contribuito alla diffusione. Il romanzo di Romain Gary è stato un incontro fortuito, lo avevano regalato a mia madre e l’ho letto in pochi giorni una volta che ero a casa sua, a Firenze. Leggerlo è stato entrare in un mondo strano, che non avrei immaginato, e in un modo sorprendente, con uno stile che ho trovato di grande freschezza -era un bambino a narrare-, dentro una storia d’amore bellissima.

Perché oggi dovremmo leggere Gary, secondo te? È un autore molto apprezzato, ma poco conosciuto…

Non credo che Gary si debba leggere, oggi o ieri o domani: se mi chiedi un consiglio di lettura ora ti dico di leggere questo libro, ma magari tra qualche mese ne leggo uno che mi piace di più e te lo consiglio allo stesso modo. È dal confronto che nasce la possibilità di capire se un libro è imperdibile: se in tanti che hanno letto “La vita davanti a sé” se ne sono innamorati, un motivo ci sarà, ma non è detto che sia un libro imprescindibile. D’altra parte, se penso a “Stoner” di Williams (Fazi Editore, 2015), penso che quello che per me è stato imperdibile per altri, pochi, era evitabile.
Non so spiegarmi bene, credo che sia tutto molto fluido. Per me tra i libri che vanno letti c’è “I promessi sposi“, per dire. E non a scuola. C’è “Delitto e castigo“.
Poi libri che si debbano leggere in assoluto, insomma, difficile dirne i titoli, a volte si tratta di impressioni estemporanee, spesso dico “questo libro è imperdibile” ma poi dipende dallo stato d’animo di quel momento, sia mio che lo consiglio che del lettore che lo leggerà e che magari non lo troverà così imperdibile.

Tra le varie esperienze quella della pagina c’è quella che mette in risalto anche il tuo gusto per la fotografia. Quanto peso hanno le immagini sui tuoi post? In un mondo orientato all’estetica e in un momento in cui è in atto una contestazione come quella di Massimiliano Parente in cui marca le foto di libri come “carine” ma vuote, tu che ne pensi? La fotografia aiuta ad avvicinare i curiosi ai libri oppure è un esercizio di vanità?

Amo la fotografia, purtroppo non ho tempo per dedicarmici come vorrei. Ritengo l’immagine un necessario complemento e ho scelto di aggiungere le fotografie dei libri di cui parlo, personalizzando il momento, attraverso particolari che le rendano inutilizzabili diversamente. Potrei scaricare le copertine dei libri direttamente dai siti degli editori, invece mi piace che la lettura di quel certo libro sia contestualizzata. La fotografia, se bella, attira.

E ora la domanda per i lettori curiosi: due libri che ti sono particolarmente piaciuti da segnalare a chi passa da qui e perché ti sono piaciuti.

I leoni di Sicilia” di Stefania Auci (Editrice Nord, 2019) perché è una storia appassionante che, romanzandola, ripercorre vicende vere. la commistione tra realtà e fantasia mi ha coinvolto in modo particolare.
Ultimissimo libro letto “L’anno in cui imparai a leggere” di Marco Marsullo (Einaudi, ) perché è una storia delicata, scritta peraltro benissimo, una storia d’amore inconsueta che fa molto riflettere sulla genitorialità.

Credo che questa chiacchierata abbia evidenziato la storia di un percorso, uno di quelli un po’ diversi, dove ogni cambio è un nuovo inizio. Ringraziando Elena Tamborrino per la grande pazienza per aver dedicato una serata a star dietro alle mie domande, vi invito ad andare a visitare la sua pagina, Io e Pepe , e vi do appuntamento al 3 Marzo per il prossimo The Human Zoo!

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